sabato 16 luglio 2016

Siamo in cammino... andiamo avanti. (23 giugno 2014)

Quando l’aiuto ti viene di notte…
dal profondo del tuo essere.

Camminavo lungo un sentiero spianato che costeggiava la riva del mare. Guardavo l’ acqua agitata che, sospinta dal vento, si infrangeva con forza sugli scogli e attenta ne ascoltavo il fragore.
Mi divertiva quel continuo spumeggiare delle onde sulla spiaggia e mi affascinava quel mare dalle acque tempestose.
Andavo avanti serena, senza distogliere lo sguardo da tanta meraviglia.
Ero felice di trovarmi in quel luogo e mi sentivo quasi privilegiata perchè non a tutti è data la possibilità di godere della bellezza di ambienti naturali così incantevoli, così incontaminati!
Ma, man mano, che avanzavo mi accorgevo che il sentiero si stringeva e si inarcava, alternando tratti in discesa e altri in salita, e così divenne più faticosa la mia passeggiata.
Ma la stupore fu grande un po’ più avanti, quando all’improvviso la strada finì ai piedi di una alta montagna.
Come andare avanti?
Guardai esterrefatta  la roccia arida e intravidi tra le pareti del monte un varco per il prosieguo: era appena tracciato, ripido e accidentato. Non avevo scelta: se volevo continuare il cammino, dovevo necessariamente arrampicarmi.
Lo feci e, benché in salita, riuscì a percorrere un buon tratto di via scavato in quella roccia ciottolosa.
Mi inerpicavo a fatica, ma senza indugi, fin quando la via, già stretta, si assottigliò ulteriormente, a mo’ di asse che, come un sottile ponte, si collegava ad una montagna adiacente lasciando intravedere il baratro sottostante.
Mi affacciai incuriosita e vidi di sotto di nuovo il mare.
Ora però quelle sue acque agitate che guardavo dall’alto, non mi attraevano più.
Un brivido mi scosse... per la prima volta, il mare mi faceva paura e anche il frastuono delle sue onde ora mi spaventava.
Volevo andare avanti, ma rischiavo di perdere l’equilibrio camminando su quello spazio così ristretto: rischiavo di precipitare giù...di cadere in mare.
Ci provai e, messami seduta su quella specie di asse, a cavalcioni, con le gambe divaricate e penzolanti nel vuoto, cercai di sospingermi con le braccia compiendo piccoli avanzamenti.
Pochi centimetri avanti e mi fermai atterrita: non avevo il coraggio di proseguire.
Terrorizzata, guardavo in giù, consapevole del fatto che, per la prima volta in vita mia, stavo per arrendermi.
Guardai indietro, ma la strada non c’era più: ero in bilico tra un avanzamento difficile e un ritorno impossibile.
Che fare?
Ferma lì dov’ero arrivata a fatica, aspettavo un qualche aiuto, ma ero sola, come sin dall’inizio della passeggiata.
Attesi invano per diverso tempo, sospesa sul quel baratro.
Impietrita stavo lì, inerme senza agire.

Poi... un sussulto brusco e mi destai.

Aperto gli occhi, compresi subito che il tutto era stato un sogno.
Un sogno significativo perché mi rimandava alla mia realtà del momento e mi invitava ad agire suggerendomi: -Vai avanti... non ti fermare!

La mia vità era ed è il salita, ma la situazione ora mi è chiara:- Non posso indietreggiare, non posso fermarmi, vado avanti affrontando la paura del vuoto.

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